21 Jul 2020

Accesso alla terra e aree peri-urbane: un ciclo di incontri del progetto H2020 ROBUST|Sabrina Arcuri

Written by Sabrina Arcuri

De-carbonizzazione ed economia circolare sono divenute parole d’ordine nell’UE del 2040, insieme alla diffusione di modelli alimentari orientati a riavvicinare agricoltura e consumo locale. Perfettamente in linea con il contesto europeo, a livello locale l’operato della Piana del Cibo si è dimostrato efficace nel promuovere l’importanza di consumare prodotti locali e, di conseguenza, nel dare impulso sia alle aziende agricole esistenti che alla nascita di nuove aziende condotte da giovani. Il rinnovato interesse verso cibo e agricoltura locale ha reso dunque conveniente tornare a coltivare i terreni nell’area periurbana tra Lucca e Capannori, così che i proprietari li hanno o messi a coltura o a disposizione di chi ne era alla ricerca per avviare un’attività agricola sostenibile. …”

Così ha inizio la visione al 2040 per la Piana di Lucca che il Living Lab del Progetto Europeo H2020 ROBUST ha immaginato e condiviso con i partecipanti ai due workshop virtuali organizzati per discutere di accesso alla terra e valorizzazione del territorio periurbano. Non è un caso che questi temi vengano affrontati nella Piana del Cibo, come è stata chiamata la locale politica alimentare (food policy) avviata nel 2018 con la firma del Milan Urban Food Policy Pact e diventata un modello di partecipazione cittadina e cooperazione intercomunale per co-progettare politiche del cibo. E non è un caso che sia il progetto ROBUST, con il suo focus sulle sinergie urbano-rurali, a ospitare la discussione su un tema che si spinge ben oltre l’amministrazione delle città e le tradizionali questioni rurali, per andare ad abbracciare la pianificazione del territorio e l’integrazione tra città e campagna, la gestione delle risorse naturali, i servizi pubblici.

Da due anni ROBUST affronta il tema delle sinergie urbano-rurali nella Piana di Lucca e in più di una occasione è emerso come i mercati contadini, gli orti scolastici, l’educazione alimentare nelle scuole, i prodotti a filiera corta nelle mense, i gruppi di acquisto solidale (GAS), il turismo rurale, gli eventi culturali legati al cibo siano tutti elementi utili a instaurare relazioni virtuose tra città e campagna. Si tratta ovviamente di alcune tra le iniziative disponibili e in grado, per di più, di creare valore economico, sociale e ambientale, ma che incontrano alcune ritrosie e criticità, soprattutto in prossimità delle aree urbane.

Nell’accresciuta consapevolezza dei tempi maturi per affrontare queste criticità – grazie anche, nostro malgrado, all’emergenza legata al coronavirus e alle restrizioni che sono seguite – il nostro Living Lab ha deciso di ospitare due workshop partecipativi virtuali, che hanno così sostituito l’incontro in origine programmato per tenersi a marzo. I due incontri hanno coinvolto una serie di soggetti chiave in una discussione strutturata sulla questione dell’accesso alla terra. Questione che, come è emerso da una serie di dati presentati durante l’incontro, è ben lontana dall’essere risolta. “Nel periodo 2007-2016, dall’analisi dei dati dell’Uso del suolo di Regione Toscana, nella Piana di Lucca abbiamo assistito a un consumo di suoli agricoli e forestali per processi di urbanizzazione pari a circa 315 ha, nonostante la crisi del settore immobiliare e la crisi economica” enfatizza il prof. Massimo Rovai, dell’Università di Pisa. “E non finisce qui: nella stessa area, su quasi 19.000 ha di suoli agricoli, solo un terzo risulta essere gestito da agricoltori professionali, inclusi i circa 1.000 ha di terreni ritirati dalla produzione (dati ARTEA 2019, nda). Infine, un altro dato che fa riflettere è il livello di abbandono dei terreni agricoli nelle aree caratterizzate da dispersione insediativa: nella sola area compresa tra i comuni di Lucca e Capannori, sono stati mappati circa 285 ha di terreni abbandonati, pari al 37% circa dei terreni gestiti da aziende professionali”.

Il LL di ROBUST si era a più riprese interrogato sul tema dell’abbandono delle terre e sul ruolo giocato dall’agricoltura periurbana nella valorizzazione del territorio. Ci siamo chiesti stavolta, e l’abbiamo chiesto ai partecipanti: quali sono gli strumenti a disposizione per incidere su questo fenomeno e come possono essere resi più efficaci? Due strumenti chiave, pur con le dovute differenze, erano stati selezionati per la capacità, effettiva e potenziale, di incidere sulla questione delle terre: la Piana del Cibo e la Banca della Terra. La Piana del Cibo riconosce il valore del cibo per il territorio tra i suoi principi fondanti, enfatizzando il ruolo della produzione locale nel “riprodurre il valore storico e identitario della campagna, rafforzare la promozione del turismo, preservare e valorizzare le aree rurali e le aree agricole periurbane, conservare e recuperare i suoli agricoli abbandonati” (Fonte: Piana del Cibo). La Banca della Terra della Regione Toscana è invece un inventario di terreni e aziende agricole (pubbliche e private) messi a disposizione di terzi, tramite operazioni di affitto o di concessione. L’obiettivo di questo strumento è, per Ente Terre che lo gestisce, quello di favorire l’accesso alla terra agli imprenditori agricoli, soprattutto giovani. In tal modo, la Banca della Terra mira a rafforzare le opportunità occupazionali e di reddito delle aree rurali, salvaguardare la biodiversità, tutelare il paesaggio e le risorse forestali, prevenire il dissesto idrogeologico e incrementare i livelli di sicurezza idraulica e idrogeologica del territorio, valorizzare i terreni pubblici e privati attraverso un loro uso produttivo, ma anche attraverso la loro fruizione pubblica, la didattica ambientale e l’uso sociale. Seppur di recente costituzione, i risultati ottenuti dalla Banca della Terra in meno di dieci anni fanno ben sperare rispetto al suo potenziale: ben 7.860 ettari di terreno sono stati inseriti nell’inventario (in media circa 1300 ettari/anno) e 6.256 sono gli ettari di terreno assegnati. Di questi, il 47% è stato assegnato a giovani (Fonte: Banca della Terra).

Durate i due incontri, i lavori si sono così svolti: il punto di partenza è stata la condivisione e integrazione della visione futura – desiderata ma plausibile – per individuare prima ostacoli e opportunità, poi gli elementi su cui, un passo alla volta, costruire il percorso che colmi la distanza tra l’oggi e quella visione. I partecipanti hanno così delineato un quadro in cui spiccano alcune difficoltà, ma si delineano anche gli elementi per affrontarle. Emergono, per esempio, la ritrosia dei proprietari dei terreni abbandonati a concederli in affitto nonostante la presenza di appositi (ma inadeguati) strumenti legislativi; il fardello della burocrazia che grava su giovani imprenditori agricoli già in difficoltà; la mancanza di formazione e di supporto; per non parlare della questione della redditività dell’agricoltura. In parallelo, si profilano altrettante iniziative virtuose da cui prendere spunto, per esempio pensando a un modello “locale” di Banca della terra che sia in grado di creare una maggior mobilità dei terreni privati abbandonati; l’avvio di una indagine conoscitiva indirizzata alle aziende del territorio e al loro bisogno di supporto e formazione; l’interesse sempre maggiore di consumatori più consapevoli, le opportunità di collaborazione tra attori che comprendono il bisogno di cominciare a dialogare.

Un terzo incontro, previsto per il prossimo autunno, affronterà infine il tema dell’accesso alla terra attraverso la lente della pianificazione territoriale.

La realizzazione della visione è ancora molto lontana, ma ciò non rende il cammino per realizzarla meno necessario.